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Curiosità  

Amarone: storia e curiosità

L’Amarone della Valpolicella è un vino rosso passito secco prodotto esclusivamente nella Valpolicella in cinque zone di produzione:

1.Valpolicella classica

2.Valpantena

3.Val Tramigna

4.Val d’Illasi

5.Val di Mezzane

L’Amarone viene  quindi prodotto esclusivamente in provincia di Verona, in diciannove comuni della fascia collinare settentrionale: Dolcè, Verona, San Martino Buon Albergo, Lavagno, Mezzane, Tregnago, Illasi, Colognola ai Colli, Cazzano di Tramigna, Grezzana, Pescantina, Cerro Veronese, San Mauro di Saline e Montecchia di Crosara; in particolare, i vini prodotti nei restanti cinque comuni di Marano, Negrar, Fumane, Sant’Ambrogio e San Pietro in Cariano sono gli unici che possono fregiarsi della specificazione “Classico”, poiché sono quelli di più antica tradizione.

Tutte le fasi produttive dell’Amarone devono essere obbligatoriamente condotte all’interno di questa precisa area geografica.

Curiosità: la derivazione del toponimo “Valpolicella” viene ricondotta al latino e, precisamente alla dicitura “vallis polis cellae”, ovvero “valli dalle molte cantine” e questo la dice lunga sulle tradizioni millenarie della produzione vinicola in questa zona d’Italia.

L’Amarone viene prodotto in proporzioni variabili da diversi tipi di vitigno. Dominante (in una percentuale compresa fra il 40 e il 70%) è il Corvina Veronese, detto anche localmente Cruina o, semplicemente, Corvina; in misura minore troviamo il Rondinella (20-40%) e il Molinara (2-25%). Fino ad un massimo del 15% possono essere anche utilizzate uve Rossignola, Trentina, Sangiovese, Barbera e Negrara in diversa proporzione o in purezza; infine, è consentita anche l’aggiunta di una quota non superiore al 5% proveniente da vitigni autorizzati e riconosciuti nella provincia di Verona.

Il vino si presenta con un colore rosso rubino carico, che col tempo assume riflessi arancio o mattonati.

Il profumo è accentuato, speziato e persistente, con sentori di noce, ciliegia e frutti del sottobosco, ma anche di spezie e cioccolato. In quelli più invecchiati si possono percepire anche sentori di muschio e di catrame, quest’ultimo in gergo tecnico detto “di goudron”.

Il gusto di questo vino è decisamente secco, robusto e pieno, ma al tempo stesso vellutato ed equilibrato. Al palato rimane il classico retrogusto amarognolo che lo contraddistingue.

Si tratta quindi di un vino inimitabile, strutturato e rotondo, che può essere apprezzato sia da giovane, quando vengono esaltati gli aromi fruttati, che invecchiato, nel quale i polifenoli, il sentore di muschio e il goudron diventano dominanti.

 

L’Origine del nome “Amarone”

Il nome di questo strutturato vino rosso veronese, Amarone, deriva dalla parola “amaro”, adottata per distinguerlo dal dolce del Recioto della Valpolicella da cui ebbe, seppure involontariamente, origine. Infatti, il Recioto è il corrispondente (per zona, uvaggio e tipologia) dell’Amarone, ma è un passito dolce a differenza di quest’ultimo che è sempre passito seppur secco.

Il nuovo epiteto Amarone per indicare il Recioto Amaro o Recioto Secco nasce nella primavera del 1936 nella Cantina sociale Valpolicella, al tempo con sede presso Villa Mosconi ad Arbizzano di Valpolicella.   «Questo non è un Amaro, ma un Amarone!», da questa esclamazione pronunciata nel 1936 dal Presidente della Cantina, Gaetano Dall’Ora, dopo la degustazione di un vino Recioto accidentalmente lasciato fermentare a lungo, nasce il nome del vino simbolo della Valpolicella attuale.

La Cantina Sociale di Negrar nell’ingresso attuale ostenta giustamente una lettera di spedizione del 1942 con descrizione di “Fiaschetti di Amarone 1938”. Praticamente il Recioto, messo in botte e poi dimenticato, continuò a fermentare fino a diventare secco.  Gli zuccheri si sono così trasformati tutti in alcol e hanno fatto perdere la dolcezza al vino, al quale, in contrapposizione a quello che avrebbe dovuto essere, è stato dato il nome di Amarone. Fatta la scoperta, i viticoltori esperti della zona impiegarono anni per perfezionare la lavorazione e per fare in modo che il risultato fosse sempre perfetto. Durante i primi “tentativi” di produzione, a volte veniva fuori per combinazione, per fortuna, ancora dolce ma con un sapore finale di mandorla, magari risultato di una partita di Recioto in cui la fermentazione era sfuggita al controllo del produttore.

Di “vino amaro” però si parlava fin dai tempi di Catullo nel Carme n. 27 (49 circa a.C.) reclama “calicesamariores” (bicchieri più amari). Ma ben altri documenti ne danno testimonianza.

Cassiodoro, nei primi anni del V secolo,ricerca l’Acinatico della Valpolicella, rosso e bianco per la mensa del re ostrogotoTeodorico: si ritiene che fosse un “recchiotto amaro”, scrive G. B. Peres nel 1900, opinione coincidente con quella del Panvinio, che nell’Acinàtico di Cassiodoro riconosce il Rètico di Augusto e del Sarayna (1543) che parla dei vini della Valpolicella “neri, dolci, racenti e maturi”.

Tracce della predilezione per questo vino e per le uve che lo producono si ritrova anche nell’Editto di Rotari che stabiliva pene molto severe per chi arrecava danno alle viti e multe salate per chi rubava i grappoli. Per gli anni successivi al 1000 d.C. vi è traccia di alcuni atti d’acquisto e vendita di vigneti nella zona di produzione di “Amarone della Valpolicella”, anzi il vino è considerato al pari del denaro per pagare i diritti feudali. Nei secoli successivi, si riscontra la presenza di “Amarone della Valpolicella” nei documenti ufficiali e negli scritti degli umanisti. Un estimo del 1503 attesta che la zona di produzione di “Amarone della Valpolicella” era una valle ricca e famosa grazie ai suoi vini. Fama che è continuata sino all’epoca illuministica quando Scipione Maffei in un importante testo ha proposto la dizione “amaro” per indicare il vino «d’una grazia particolare prodotto in Valpolicella».

Ma forse più di ogni altro vale il giudizio emesso da assaggiatori francesi, a Parigi, nel 1845 su una partita di vino “Rosso Austero Costa Calda” di San Vito di Negrar vecchio di 11 anni:

“Supremo vino d’Italia… preferibile a diversi Bordeaux ed Hermitage”.

Molti altri scrittori e studiosi si sono interessati a questo vino nei secoli successivi per arrivare alle prime analisi organolettiche su questo vino riportate nel bollettino della stazione agraria sperimentale di Verona della fine del 1800. I primi esemplari di bottiglie di “Amarone” senza etichetta arrivarono solo nei primi anni del Novecento per un uso familiare o destinati agli amici.

Per trovare la prima etichetta e il primo documento di vendita dobbiamo attendere il 1938, ma venne ufficialmente commercializzato a partire dal 1953 da parte della cantina Bolla, anno di messa in commercio dell’Amarone fatto per scelta e non per fortuna. Ottenne subito un grande successo, anche se presso un pubblico contenuto di appassionati come era e rimane la produzione di questo vino, che copre il 10% di tutta la produzione dei vini del territorio, dominati dal Valpolicella e dal Valpolicella Superiore, rossi giovani e profumati, spesso da bere subito, freschi e gustosi.

Nel 1968 si è giunti all’approvazione ufficiale del primo disciplinare di produzione e al riconoscimento della DOC. Allo scopo di tutelare l’identità delle diverse tipologie inserite nella denominazione “Valpolicella”, “Valpolicella Ripasso”, “Recioto della Valpolicella” e “Amarone della Valpolicella.

L’Amarone delle Valpolicella può essere considerato non solo il più pregiato tra i vini del Veneto, ma anche uno fra i rossi italiani di maggior importanza. Notevolmente apprezzato dai più esigenti consumatori di tutto il mondo.

 
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